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 #faketan: tintarella express e… tattoo

 Fake è un vocabolo sicuramente negativo. Basti pensare agli account falsi, che permettono una sorta di stalking digitale a danno di altre persone. Ma quando a ‘fake’ si affianca ‘tan’ tutto cambia. Già, perché la ‘fake tan’, l’abbronzatura artificiale con autoabbronzanti, è una tendenza che non passa di moda. Soprattutto prima e dopo le vacanze. D’altronde, chi non vorrebbe anticipare o prolungare la tintarella?

 

In più l’abbronzatura artificiale non danneggia la pelle. a differenza della ‘bizzarra’ tendenza nata negli Stati Uniti, arrivata in Europa tramite l’Inghilterra, chiamata Sunburn Art, ovvero ‘arte della scottatura’. Per praticarla, si applica sulla pelle un adesivo che copre una zona circoscritta, oppure la si copre disegnando la pelle con una crema a protezione elevata, poi ci si espone al sole per ore e ore, senza applicare alcun filtro solare nel resto del corpo. Così, l’area protetta dal solare diventerà una specie di tatuaggio bianco in contrasto con il resto del corpo praticamente abbrustolito dal sole.

 

Questa moda più che bizzarra è pericolosa. “Perché un’esposizione scriteriata al sole, senza protezione e per lungo tempo, fa aumentare il rischio di tumori cutanei, tra cui il temibile melanoma. In più, nel derma si creano danni subdoli che quando diverranno visibili sarà difficile riparare totalmente”, avverte Magda Belmontesi, dermatologa a Milano e Vigevano.

 

“Per chi vuole prolungare l’abbronzatura – continua la dermatologa - attenzione anche alle lampade solari. “È ormai noto che gli UVA, i raggi UV erogati da questi dispositivi abbronzanti sono ancora più pericolosi degli UVB. Sono i principali responsabili del photoaging, l’invecchiamento indotto dalla luce, perché oltrepassano la barriera superficiale della pelle e arrivano fino al derma, dove possono danneggiare le fibre elastiche e le membrane cellulari, accelerando la comparsa di rughe e macchie, oltre a compromettere tono e compattezza cutanea”.

 

 

#faketan

Gli autoabbronzanti, invece, salvaguardano la pelle. E consentono persino di fare dei ‘tatuaggi solari’, data anche la disponibilità odierna di diverse formulazioni con differenti colori (da chiari a scuri a seconda della colorazione cutanea), permettendo di abbracciare la tendenza salvando però la pelle.

Alla base della formula di un autoabbronzante c’è una molecola, il didrossiacetone: uno zucchero che forma composti colorati legandosi ad alcuni amminoacidi presenti sulla superficie cutanea. Il colore che si sviluppa è resistente all’acqua, ma si elimina progressivamente, con il rinnovamento dello strato corneo, attraverso la naturale esfoliazione dell’epidermide.

 

Come funziona

Le proprietà coloranti del diidrossiacetone sono dovute alla capacità di reagire con la cheratina dell’epidermide. Così si formano le melanoidine: molecole giallo-brune, che si formano anche durante la cottura degli alimenti contenenti zuccheri e amminoacidi ed hanno l’aroma caratteristico degli alimenti tostati, come il pane appena sfornato, il caffè torrefatto, il malto tostato.

 

“Il colorito ottenuto non protegge dalle radiazioni solari, perché nel processo non si produce melanina, la naturale protezione cutanea, quindi serve applicare una protezione esponendosi al sole”, fa presente Belmontesi. Pur agendo velocemente, dopo 30 minuti si cominciano ad apprezzare gli effetti, che raggiungono il picco massimo nelle successive 3 ore, i loro esiti si protraggono nel tempo, circa 2-3 giorni (il tempo del normale rinnovamento degli strati superficiali della cute), lasciando la pelle colorata e mitigando anche eventuali imperfezioni cutanee.

 

La coppia vincente

Colore più uniforme, meno allergie e un odore più piacevole. Merito di due molecole importanti. Prima di tutto l’eritrulosio, uno zucchero di origine vegetale che le colorazioni a ‘macchia di leopardo’, dovute alla diversa composizione degli amminoacidi presenti sulla pelle. Poi le ciclodestrine, ossia dei veicolanti che racchiudono il principio attivo cedendolo nella pelle in modo controllato. Così si abbassa il rischio di eventuali irritazioni e il tipico odore dovuto ai sottoprodotti del diidrossiacetone. 

 

5 consigli utili

1. Come scegliere la formula? In base al tipo di pelle: meglio latti per viso e corpo se è disidratata, invece spray e gel sono più adatti su pelle mista e grassa. Pratiche le salviettine per un gesto veloce, ma non su pelle sensibile e secca.

2. Il picco nella formazione delle melanoidine avviene a pH5, quindi meglio evitare di applicare l’autoabbronzante dopo saponi alcalini o sostanze oleose (come oli struccanti per il viso) che possono interferire con la reazione.

3. Dopo l’applicazione aspettare una decina di minuti prima di truccarsi o vestirsi, in quanto il diidrossiacetone potrebbe macchiarli.

4. Gli autoabbronzanti non vanno applicati subito dopo ceretta o trattamenti estetici tipo peeling, foto-epilazioni, dermoabrasioni. Meglio tenersi alla larga anche da ascelle, regione plantare, sopracciglia, attaccatura dei capelli e contorno occhi.

Non sono adatti in caso di pelle atopica o con dermatiti di varia natura, tipo allergica e da contatto, e comunque meglio rivolgersi a un dermatologo per dirimere eventuali dubbi.