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Tintarella senza macchia


L’esposizione al sole è un fattore di rischio acclarato per lo sviluppo del melanoma, uno dei più temuti tumori cutanei, peraltro in aumento negli ultimi tempi. 

Nella genesi del melanoma il sole è una concausa, visto che sono coinvolti anche fattori genetici. Non è un caso che questo tipo di tumore si presenti anche in parti normalmente non esposte al sole, come ad esempio la pianta del piede. Le ustioni solari, specie in età infantile e giovanile, aumentano invece il rischio di sviluppare il melanoma. Da qui l’importanza dell’utilizzo di solari protettivi.

Schermi solari, ma anche ‘sane’ abitudini
Un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature attesta che l’uso di fattori di protezione non basterebbe a preservarci dagli effetti nocivi degli ultravioletti.

La ricerca fa luce sull’azione degli UV a livello molecolare. Il nostro organismo ha le sue difese, in quanto è dotato di geni che lo difendono dai danni del sole. I ricercatori dell’Università di Manchester hanno però scoperto che i raggi solari causano mutazioni nel gene Trp53, un cosiddetto ‘soppressore tumorale’ che, controllando le divisioni cellulari, previene anomalie quindi derive cancerogene.

Inoltre gli scienziati, utilizzando topi a rischio di cancro cutaneo, hanno dimostrato che un solare SPF 50, pur proteggendo dalle scottature, potrebbe non essere efficace nel prevenire il melanoma indotto dall’esposizione solare. La ricerca, che per evidenti ragioni etiche è stata condotta solo su modelli murini, induce alcune riflessioni. Come quella del professor Richard Marais, il ricercatore capo dello studio: “Il lavoro mette in evidenza l'importanza di combinare la protezione solare con altre strategie per proteggere la pelle, come indossare cappelli e indumenti, restando all’ombra quando il sole è più forte”.
Secondo alcuni dermatologi la protezione solare spingerebbe a prolungare il tempo d’esposizione, generando un falso senso di protezione, quasi d’immunità.


Esporsi al sole facilita anche le metastasi
Uno studio di un gruppo di ricercatori dell'Ospedale San Raffaele di Milano e dell'Università di Bonn, pubblicato su Nature, dimostra come l'esposizione al sole facilita la formazione di metastasi, in persone già colpite da un melanoma.
Quando la pelle viene esposta troppo alla luce solare, si arrossa e le cellule, lese da raggi e calore, rilasciano ‘allarmina’, un segnale che avverte il sistema immunitario della presenza di cellule morte o danneggiate, che richiama linfociti neutrofili. Se nel punto è presente un melanoma, anche in forma iniziale, i neutrofili producono il fattore di necrosi tumorale, una citochina che induce le cellule del melanoma a disseminarsi. E, dato che le metastasi preoccupano maggiormente i medici, perché difficilmente trattabili con la chirurgia e poco rispondenti alle cure, controllare l'esposizione al sole diventa vitale.


Cosa fare per salvare la pelle?

“Innanzitutto usare il valore SPF adeguato al proprio fototipo, applicandolo con generosità.
Infatti il fattore di protezione decresce in maniera non lineare: applicarne 1 milligrammo ogni 2 centimetri quadrati, invece dei 2 milligrammi utilizzati nei test, significa abbassare la protezione di oltre la metà dell’SFP in etichetta. Così si aumenta il rischio di eritema e trasformazioni tumorali della pelle”, risponde Magda Belmontesi, dermatologa.

“Poi conviene scegliere solari con schermi alti. Rughe, macchie e più in generale il foto-aging sono dovuti soprattutto agli UVA. Secondo le linee guida della Comunità europea, il valore di PPD (Persistent Pigment Darkening, ossia la misura biologica della protezione contro l’invecchiamento fotoindotto) deve essere almeno 1/3 di quello dell’SPF (che concerne i filtri contro gli UVB). Un fattore critico nella scelta di un solare, perché segnalato con il simbolo “UVA” cerchiato, che indica solamente il rispetto delle condizioni di minimo. Le case produttrici si stanno attrezzando a elevare il rapporto PPD-SPF, portandolo 1 a 1. Nell’attesa, conviene preferire solari con un SPF alto o utilizzare stick ad alta protezione per difendere le zone a rischio rughe, come contorno occhi e labbra, applicando poi un altro solare sul resto del viso”.

“Molto importante è riapplicarli spesso, a intervalli di non più di 3 ore, e sempre dopo le immersioni in mare. Le linee guida comunitarie suggeriscono ‘frequenti riapplicazioni’, perché le formule diminuiscono la loro efficacia con sudorazioni abbondanti e frizioni con asciugamano. Anche quelle resistenti all’acqua non devono trarre in inganno: per evitare una diminuzione non prevedibile dell’SPF, vanno riapplicate subito dopo il bagno”.

“Infine è utile abbinare cosmetici antiossidanti.
Per quanto ad ‘ampio spettro’ nessun solare evita completamente lo sviluppo di radicali liberi, bloccandone solo il 55 per cento. Necessario, quindi, potenziare le difese, mediante sieri con ingredienti come acido lipoico e ferulico. Quest’ultimo, abbinato alla vitamina C ed E, aumenta sino a otto volte l'azione dei foto-protettori, preservando l'integrità delle membrane cellulari.

L’antimacchie al sole
Il dermocosmetico da mettere subito nel beauty case delle vacanze? Una crema schiarente, indispensabile per chi tende a macchiarsi, applicabile anche prima di andare in spiaggia (senza però dimenticare la foto-protezione), perché priva di sostanze fotosensibilizzanti.

Makula (di Sweden-Martina, in farmacia), utilizzata mattina e sera, schiarisce vari tipi di iperpigmentazioni, tra cui melasma, lentigo solari e senili.

La sua efficacia si basa sull’azione di tre elementi. 
Sodio esafosfato: molecola stabile dell'acido ascorbico con forte azione schiarente, che agisce con un’azione prolungata nel tempo.
Niacina (vitamina B3): limita il trasferimento della melanina dai melanociti e agisce da chelante del ferro (emosiderina), quasi sempre presente nel melasma e nel cloasma.
Destrano: si comporta da booster, potenziando l'azione del sodio esafosfato e della niacina, oltre a idratare e nutrire la pelle.